“La parola pulizia non è mai sta cosi rappresentativa ed emblematica come in questi tempi. Ovunque un cittadino onesto e responsabile volga il proprio sguardo vede persone, istituzioni, professioni che desidererebbe “pulire”, che significa risanare, rendere morali.
Vorremmo farlo con la politica, con l’economia, con il lavoro, con la scuola, con la cultura.
Il ruolo dell’operatore ecologico è molto legato al concetto di civiltà che si è andato sviluppando di pari passo con l’aumento dei servizi di cui ogni cittadino può usufruire. Più di ogni altro questo lavoro ha anticipato l’evoluzione stessa delle città contemporanee secondo quel ritmo frenetico e quelle regole dettate, da una parte, da leggi che fanno capo alle sempre più pressanti necessità ecologiche per la tutela dell’ambiente e dall’altra dall’esigenza di mettersi in pari con ciò che fanno altre città di altre nazioni. In fondo, l’Europa ha insegnato anche questo. Qualsiasi città la giudichiamo più bella e affascinante, quanto più è pulita.
L’iniziativa di AnconAmbiente di fare una mostra e un libro per celebrare e valorizzare la mansione dell’operatore ecologico assume significati diversi.
Anzitutto la scelta di illustrare fotograficamente un mestiere dove “ci si sporca le mani” in nome e a servizio degli altri, di tutti, è impegnativa e responsabile. Grande è la poliedricità espressa dalla figura ormai entrata nell’immaginario collettivo come lo “spazzino”, il netturbino. Bisogna – è vero – essere preparati per occuparsi in tutta sicurezza di rifiuti che possono essere, o diventare, pericolosi per sè, per gli altri, per la comunità in cui si vive. Chi opera in tale settore deve conoscere attrezzature, strumenti, misure di sicurezza e di igiene, utilizzare correttamente i mezzi a disposizione e soprattutto osservare disposizioni, leggi e regolamenti.
C’è inoltre un grande senso di sacrificio in quello che fa l’operatore ecologico. Uscire la notte, all’alba, quando fa freddo. Non c’è domenica o giorno festivo ma turni pesanti. Il giorno dopo la festa, il mercato o la fiera, lui raccoglie ciò che i nostri concittadini hanno scartato.
Alcuni scatti di questa mostra raccontano disponibilità, volontà, affezione alla propria città, insieme ad un senso di attaccamento al lavoro che riassume bene una responsabilità preziosa, al servizio di tutti noi.
C’è di più. Per decenni abbiamo deturpato le città, la terra, l’aria, la bellezza: pulire l’ambiente non significa solo raccolta differenziata o filtri per fumi cancerogeni, non significa solo lotta a chi fa mercato con i residui dell’amianto o a chi inquina le nostre falde. Significa soprattutto garantire un futuro intelligente ai nostri figli perché se deturpiamo il nostro ambiente, uccidiamo l’unica economia possibile in questo paese: quella del turismo, dell’accoglienza, dell’arte, della cultura. Per farlo occorre un’opera cicliopica che parte dai piccoli gesti dei cittadini quando non sporcano le strade e non gettano i frigoriferi vecchi nel primo fossato che trovano; un’opera ciclopica che necessita non solo di impegni economici ma anche di creatività e passione.
Già creatività e passione: infatti, affrontare il problema energetico non implica solo trovare un’alternativa a ciò che ha inquinato il mondo dalla rivoluzione industriale in poi, ma anche studiare tutti i possibili effetti collaterali della “green economy”.
Non possiamo tappezzare le meravigliose colline anconitane di specchi solari!
Non possiamo far spuntare dietro la sky-line di una città un parco eolico!
Non sarò una battaglia né scontata né facile, ma ne va di mezzo il futuro delle giovani generazioni, dunque la sopravvivenza stessa del nostro meraviglioso paese.
Per volere pulire l’ambiente bisogna prima essere puliti dentro”.
Paolo Crepet